PUBALGIA – dove fa male, perchè viene e come si cura.
Qualche dato per iniziare
Gli studi più recenti ci indicano che la pubalgia rappresenta il 13% di tutti gli infortuni di una
stagione calcistica.
Inoltre, sappiamo che mediamente un calciatore che ne soffre deve fermarsi per 8 settimane, il che
significa che è costretto a saltare in media 8 partite stagionali.
Ovviamente parliamo di media statistica, quindi ogni caso clinico ha tempistiche diverse, legate al
livello di cronicizzazione della patologia.
Come capire se è pubalgia? Dove fa male e perchè viene.
Sebbene sia un infortunio molto diffuso, soprattutto tra i calciatori (ma non solo), c’è molta
confusione sull’utilizzo del termine, sull’inquadramento clinico e sugli strumenti terapeutici per
risolverlo.
Facciamo un po’ di chiarezza.
Viene definita dai sistemi di classificazione internazionali “Groin Pain”, cioè dolore all’inguine; viene
quindi definita in relazione alla localizzazione del dolore, appunta la zona inguinale.
Si presenta solitamente con questi sintomi:
- Dolore in zona inguinale, spesso difficile da individuare con precisione.
- Facendo jogging non peggiora, ad esempio nella corsetta lineare o facendo cyclette.
- Si scatena calciando, scattando, cambiando direzione rapidamente, ruotando
- esternamente la gamba.
- Al mattino è solitamente presente una rigidità nella zona inguinale.
In generale, la causa dell’insorgenza della pubalgia la troviamo nella scorretta progressione dei
carichi di lavoro e allenamento, che provocano un sovraccarico sulle strutture muscolari, tendinee
e ossee della zona di inguine, pube e anca (articolazione chiave per i movimenti fisici e tecnici del
calciatore).
Quello che succede è che lo stress meccanico indotto dal volume di allenamento calcio-specifico è
troppo alto per la capacità di carico delle strutture mio-osteo-tendinee principali coinvolte.
Serve fare un esame strumentale? Come si riconosce.
Vanno per prima cosa escluse le cause mediche (3% dei casi) che posso riprodurre una sintomatologia simile alla pubalgia, come l’ernia inguinale o l’appendicite, se necessario anche grazie a una consulenza medico-specialistica ed esami specifici.
Nel caso di pubalgia meccanica (97% dei casi) però, gli esami strumentali come ecografia, risonanza magnetica o radiografia ci sono di scarso aiuto, in quanto raramente mostrano segni patologici riconducibili ai sintomi presenti.
Lo strumento di diagnosi più affidabile è quindi la valutazione clinica, che si compone di un’anamnesi per inquadrare le caratteristiche di localizzazione e tipologia del dolore, di test palpatori, per individuare esattamente la struttura infiammata, e di test funzionali provocativi, grazie ai quali si può valutare la risposta delle strutture allo stress meccanico.
Come si vede dal grafico, esistono diverse strutture che possono causare pubalgia, ed è fondamentale discriminarle (con la valutazione clinica).
Qui l’elenco:
- pubalgia legata all’articolazione dell’anca (1%)
- pubalgia inguinale – legata all’inserzione degli addominali sul pube (8%)
- pubalgia legata al tendine dell’ileopsoas (12%)
- pubalgia legata al tendine degli adduttori (68%)
Come si cura? Il trattamento
Per risolvere il fastidioso dolore causato dalla pubalgia, è necessario risalire alla causa dell’insorgenza.
Come abbiamo spiegato sopra la causa è data dallo stress meccanico indotto dal volume di allenamento sport-specifico, che le strutture coinvolte non riescono a reggere.
Attuando un ragionamento deduttivo si può pensare che la soluzione sia quella di fermarsi dall’attività sportiva e riposare, ma non è proprio così.
Infatti, il riposo completo risulta controproducente, in quanto porta a un decondizionamento generale oltre che metabolico, anche delle specifiche strutture coinvolte nel problema; questo porta a ridurre la capacità di carico di quest’ultime, esponendo l’atleta a una forte probabilità di recidiva nel momento del rientro all’attività.
Invece, il trattamento più efficacie per la pubalgia prevede la gestione dei sintomi in modo attivo, grazie a un programma di esercizi progressivi per il ricondizionamento muscolo-tendineo, specifici in base alla diagnosi emersa; è fondamentale applicare il dosaggio corretto in base al dolore e al livello di cronicità; è inoltre importante mantenere durante la fase riabilitativa un buon livello di fitness grazie al cross-training, cioè un’attività non specifica che permette di mantenere un buon condizionamento metabolico (bici, nuoto, corsa, circuiti etc) senza creare sovraccarico alle strutture interessate.
La ripresa dell’attività calcistica non si basa su protocolli, ma va gestita coi tempi giusti in base all’andamento dei sintomi e al condizionamento muscolo-tendineo ottenuto grazie alla riabilitazione (valutato dal fisioterapista tramite test funzionali specifici).
Riassumendo
- La pubalgia è l’infortunio non traumatico più diffuso nel calcio
- Esiste una classificazione di vari tipi di pubalgie relativa alla causa primaria del dolore
- La diagnosi corretta di fa grazie a una valutazione clinica fisioterapica
- Il trattamento più efficacie è basato su esercizi progressivi di ricondizionamento muscolo-tendineo specifico
- Le tempistiche di rientro non sono protocollate, ma dipendono dall’andamento terapeutico
Riferimenti
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29091459
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https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26031643
https://www.physio-network.com/
https://www.fifamedicalnetwork.com/courses/groin-injuries/
Antonio Santagada
Fisioterapista e Osteopata D.O.
Titolare del centro ILEOS